Aumentano i campi in tutta Italia, si fanno investimenti sempre più importanti, cresce l’attenzione dei media, si moltiplicano le app per prenotare, i gruppi di Facebook per discuterne, gli acquisti di pale e accessori.
Ma cosa c’è dietro al padel, al di là della moda, passeggera o meno?
Wikipedia ci dice questo: “Nel 1969 il messicano Enrique Corcuera, volendo costruire un campo di tennis in casa sua ed essendoci dei muri proprio a ridosso dello spazio disponibile per tracciare il campo, concepì l’idea di considerare i muri come parte integrante del campo di gioco. Corcuera poi regolamentò il nuovo gioco e lo chiamò padel.
Il padel è uno degli sport più popolari in America Latina (in particolare in Argentina) e in Spagna con 4 milioni e mezzo di praticanti amatoriali, oltre ad essere discretamente popolare anche in Portogallo e Svezia. Negli ultimi 5 anni questo sport ha visto una forte crescita anche in Italia, dove il numero di campi è cresciuto di oltre l’800%, superando quota 1800 a dicembre 2020.”
Okay, bene, figo! Ma perché questo successo?
Probabilmente, una delle cose più belle, specie nell’epoca del Covid-19, è la capacità che ha questo sport di coinvolgere, aggregare, e l’apparente facilità con la quale si può scambiare qualche palleggio.
Il tennis ha tutt’altra difficoltà, si gioca molto più spesso in sfide 1vs1, il doppio è quasi un altro sport.
Invece nel padel, si gioca in 4, e il misto è più che accettabile, facendo meno ricorso alla potenza del tennis, il suo cugino più anziano.
Ma cogliamo anche un altro aspetto, quello che più ci interessa: il lato romantico del padel. La bellezza, cioè, di un punto fatto di sponda, di un rimbalzo sul vetro, di una carambola nell’angolo.
A chi non viene in mente il “battimuro” che si giocava in cortile? Una sorta di squash improvvisato, magari con i mitici “Super santos” o i “Super tele”, palloni economici e inarrivabili, che gli under 30 non possono conoscere. (Andate via da questa pagina!)
A me, per esempio, viene in mente il dribbling che facevi all’avversario, giocando a calcio in cortile, giocando di sponda col muro.
Un dai e vai, un triangolo di ‘zemaniana’ memoria, che era possibile solo con l’aiuto di quel freddo compagno.
Le diagonali, e le geometrie ‘alla Pirlo’, sono la parte nobile di questo sport.
Non a caso gli ex calciatori migliori sono i centrocampisti, come Albertini, Pirlo, ma anche i fantasisti, Zola, Totti, Di Canio.
E’ dunque questa, a parer mio, una delle cose più belle, goliardiche ed aggreganti, di questo sport.
Un tuffo nel passato, un gioco semplice eppure pieno di tattiche e strategie, che però restano in sottofondo, per chi non approfondirà con corsi, tornei, perseveranza.
Ma va bene anche così: giocare per divertirsi con gli amici, appuntamenti sociali anti Covid-19, momenti di nostalgico revival, l’amarcord delle partite di quartiere, dove in fondo il bambino che è in noi è restato ad aspettarci, e dove torniamo ogni volta che entriamo in un campo di padel.
Ci ritroviamo così, piccoli e sognanti, per quelle partite epiche ed insignificanti, in cortili di periferia.
Era il Bernabeu di ‘Pablito’ Rossi, palloni d’oro o di tela, momenti di gioia o disperazione, e mamme che urlavano che la cena era pronta.
Era ed è tutto questo il padel: un gioco di successo, perché emozionante e romantico come un ricordo dell’infanzia.
E voi, cosa ne pensate?
Più della metà dei campi di padel in Italia è concentrata in sole tre regioni
Statistiche aggiornate al 31.12.2020
Fonte: Il Sole 24 Ore